Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/652

! 8o4 LIBRO di Giambatista Giraldi, autore, di cui già abbiamo parlato a lungo, e l’Enea e l’Achille di Lodovico Dolce, che valendosi dell Eneide e dell Iliade, e molti passi traducendone in versi italiani, e in più altri togliendo loro o aggiugnendo ciò che meglio gli parve, non ci diede nè due traduzioni, nè due nuovi poemi. XXV111. Niun argomento però fu più volentieri trattato dagli scrittori de’ romanzeschi poemi, che le guerriere e le amorose prodezze de’ cavalieri de bassi secoli. Non v’ ha chi non sappia con qual entusiasmo si diffondesse per tutta Europa lo spirito di cavalleria dopo l’ VIII secolo, e a quante storie e a quanti romanzi desse occasione. Finchè durò la barbarie e la rozzezza delle nazioni, cotali intraprese furono rozzamente descritte o in prosa, o in tai versi che poco distinguevansi dalla prosa, e la comune ignoranza, congiunta al desiderio di piacer col racconto di cose maravigliose, fece che gli scrittori gareggiasse!1 tra loro nell’ingrandire gigantescamente gli oggetti, e nell’oltrepassare ogni termine di verisomiglianza. Ma poichè la poesia ricominciò ad essere coltivata, parve che non vi fosse argomento più di questo ad essa opportuno e perciò alle imprese de’ cavalieri erranti si rivolser presso che tutti coloro che in tal genere di poesia vollero ottener lode. E perchè la Gran Brettagna e la Francia eran state il più ordinario teatro di tali prodezze, i cavalieri brettoni e i francesi furono per lo più il soggetto di tali poemi. Così quanto a’ primi l’ innamoramento di Lancillotto e di Ginevra diè argomento di poema a Niccolò