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l646 LIBRO venditori di cipolle, i ferrai, ec. dilettavansi! di poetare; talchè sembra che potrebbesi questo dire a ragione il secolo de’rimatori. S’io volessi farne anche solo un nudo catalogo, esso si stenderebbe a più pagine. Ma fra sì gran numero di rimatori, quanti son quelli a cui convenga dirittamente il titolo di colti ed eleganti poeti? Era la poesia italiana nel secolo precedente, come a suo luogo si è detto, decaduta di molto, singolarmente in ciò ch è sceltezza di espressione ed eleganza di stile, e i poeti che verso la fine di esso furon più illustri, se hanno sovente immagini e sentimenti degni di molta lode, raro è che sappiano sollevarli colla grazia dell espressione e colla dolcezza del metro. Il molto studio che nel secolo xvi si pose ad abbellire vie maggiormente la lingua italiana, rendette comunemente le rime di quell'età più vezzose e più dolci. Ma questo non rare volte è il solo lor pregio, e sotto le verdeggianti ampie foglie spesso si cercano inutilmente i frutti. Il Petrarca fu l’idolo innanzi a cui si prostesero i rimatori di questo secolo, e il modello su cui studiarono di formarsi. Ogni voce, ogni sillaba da lui usata era oggetto di ammirazione. Quindi venne il gran numero di comentatori del Petrarca, che in questo secolo si divolgarono. Sebastiano Fausto da Longiano, Silvano da Venafro, Aldo Manuzio il giovane, Francesco Alunno, Francesco Sansovino, Antonio Brucioli, il Muzio, il Dolce, e meno infelicemente degli altri Bernardino Daniello e Alessandro Vellutello, amendue lucchesi, il secondo de’quali viaggiò in Francia,