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TERZO 1 36^ dall 487, ove l’avea terminata il Sabellico. Ma non potè compirne che dodici libri, co’ quali giunse soltanto alla morte di Giulio II e questi ancora non furono pubblicati che quattro anni dacchè egli fu morto, cioè nel 1551. Lo stile è elegante e colto, ma col difetto usato del Bembo, cioè di un soverchio raffinamento, e di una quasi servile imitazione di Cicerone, per cui anche alle cose sacre adatta l espressioni della superstizion gentilesca. Riprendesi innoltre nel Bembo la omission delle date, sicchè appena mai si rileva quando un tal fatto accadesse; difetto però, ch era allor comune a quasi tutti gli storici. Ma più ancora viene in lui biasimata la scarsezza delle notizie, per cui la sola superficie, per così dir, delle cose vedesi ivi delineata, senza ch’ egli entri a ricercarne più internamente l’origini e le cagioni. Di ciò nondimeno non può incolparsi il Bembo, la cui Storia sarebbe stata più ricca d’interessanti notizie, se a lui fossero stati aperti i pubblici archivii. Ma essendo egli uomo di Chiesa, ciò non si volle permettere, come avverte il chiarissimo Foscarini (Letterat venez. p. 253). Nel che, a dir vero, io non so intendere come si destinasse a scriver la Storia un uomo a cui non voleansi aprire i fonti a’ quali soli poteva attingerla. Delle varie edizioni di questa Storia, del volgarizzamento che l autore stesso ne fece (a), (o) Erasi mosso dubbio da alcuni scrittori, se il volgarizzamento della Storia del Bembo fosse veramente opera del medesimo autore. L’ originale pochi anni sono 1 IMBOSCHI, Voi XII. i4