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SECONDO 885 d'uopo, la correggesse. Ma morto frattanto il Ghini, ei l’inviò pel fine medesimo a Gabriello Falloppia suo amicissimo; e così la lettera del Maranta, come la risposta che a lui fa il Falloppia, esaltando con somme lodi quelfopera, si veggono all’opera stessa premesse. Uscì ella dunque alla luce in Venezia nel 1559), e abbiam veduto ch’essa fu origine di qualche contesa tra l Mattioli e ’l Maranta. Il giudizio che di essa diede il Falloppia, può bastare a mostrarcene il pregio. Nè son minori gli elogi con cui ne fa menzione l’Haller (Bibl. botan, t. 1, p. 323). Del Maranta si ha pure alle stampe in lingua italiana un Trattato della Teriaca e del Mitridate, che fu poi anche recato in latino. Alcune lettere latine se ne hanno tra quelle del Mattioli, e alcune italiane tra le aggiunte alla più volte citata Vita dell’ Aldrovandi. Tra molti amici egli ebbe ancora Piero Vettori, di cui abbiamo due lettere scritte al Maranta, in una delle quali il prega ad inviargli del seme di citiso, e loda la profonda scienza che in quelle materie avea; nell’ altra risponde ad alcuni dubbi che gli avea il Maranta proposti su certi passi de suoi Comenti sulla Poetica di’Aristotele (P. Vict epist l. 3, p. 49; l 5, p. 107). E una lettera del Maranta al Vettori si legge ancora tra quelle degli uomini dotti a lui scritte (Cl. Viror. Ep. ad P. T ict. I. 3, p. 227). E che il Maranta anche nelle umane lettere fosse assai dotto, cel persuade una delle sue lettere all’Aldrovandi, scritta da Napoli nel 1561 (Vita dell Aldr. p. 189), in cui ragiona di un’opera che avea intrapresa sopra Virgilio: Io per tre