Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/550

typ. Mcdiol. p. 355, ec., 362), cioè nelle Poesie di Bernardo Bellincioni e in certe ottave di Baldassarre Taccone, si fa menzione di questa statua; anzi il medesimo Sassi riporta un epigramma che o era o dovea essere in essa scolpito, e che or si legge in un codice de’ monaci Cisterciensi di S. Ambrogio. Ma è probabile che o essi parlino di questa statua come di cosa intorno a cui si stava allor lavorando, ovvero del modello di creta che Leonardo ne fece, opera di maravigliosa bellezza, che durò in Milano, finchè entrativi i Francesi sotto Lodovico XII, fecero in pezzi il lavoro di quell’artefice stesso cui poscia si recarono a grande onore l’aver tra loro. Di questo modello fa menzione ancora Paolo Cortese: Si Mediolani ab aliquo dicatur ejus cretacei equi spectari typus, qui sit a Leonardo Vincio Thuscanica ratione factus, facile affirmetur, ei Francisci Sfortiae in mentem venire posse, cui erat ejusmodi equestris statuae decretus honos (De Cardinal. l. 1, p. 50). I passi sopraccitati ci pruovano che Leonardo era in Milano fin dal 1493. Anzi dalle stesse Poesie del Bellincioni raccogliesi ch’ei vi era dal 1489; perciocchè egli, come osserva il Sassi, descrive un’ingegnosa macchina che congegnò Leonardo nelle feste celebrate in Milano per le nozze del duca Giangaleazzo Maria con Isabella d Aragona; cioè un cielo artefatto in cui tutti i pianeti rappresentati nelle figure de’Numi, a cui i poeti gli han consecrati, si aggiravano intorno secondo le leggi loro, ed entro ciaschedun di essi era chiuso un musico che cantava le lodi dei’ principi sposi. Or