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TERZO ll6l a Napoli per suoi affari , il re Alfonso non volle di’ ei più ne partisse, e non sol gli assegnò 900 annui scudi d’oro, ma giunse perfino a dirgli che se un sol pane gli fosse rimasto, ei l’avrebbe con lui diviso. Tre anni stette Giannozzo in Napoli, e fu questo il tempo in cui compose la maggior parte delle sue opere, delle quali ora diremo. Rivide in questo tempo una volta la sua patria e i suoi e di nuovo partitone fra ’l comun pianto, e tornato a Napoli, ivi finì di vivere a’ 26 d’ottobre del 1 ^* uomo veramente grande, e per maturità di senno, per innocenza di costumi, per amabilità di maniere , per ampiezza d’erudizione non inferiore ad alcuno de’ suoi contemporanei, ca cui pochi eguali si troveranno ancor nella storia di tutti i secoli.

V. Lo studio della lingua ebraica fu quello per avventura che, essendo allora assai raro, rendette più f.mioso il Manetti. Ei ne diede pruova fra le altre occasioni in una solenne disputa , come racconta il Naldi, da lui tenuta alla presenza di Sigismondo Malatesta signor di Rimini con alcuni Ebrei, i quali ricorrendo per lor difesa a’ libri originali della sacra Scrittura , e dolendosi che le versioni latine non fosser fedeli, Giannozzo leggendo e interpretando i libri medesimi, confutò le loro opinioni , e gli strinse per modo, che fu lor forza l’arrendersi e darsi vinti. Più bella testimonianza ancora egli diede della sua perizia nella medesima lingua col traslatare dall’ebraico in latino tutto il Salterio. Nel che essendo egli ripreso, perchè si fosse accinto a una inutil fatica %