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11 (3o LIBRO diede tal saggio e di destrezza nel maneggiare gli affari, e di eloquenza nel ragionare, che fu l’oggetto della comun maraviglia) e il re Alfonso fra gli altri ne fu sorpreso, e ricolmollo di grandissimi onori, come abbiamo altrove veduto. Egli per ultimo sollevato in Firenze a’ più onorevoli magistrati , e inviato al reggimento di altre città, e di Pistoia singolarmente, fece a tutti ammirare la sua integrità non meno che la sua prudenza. Un uom sì raro, in cui tutte le più belle virtù vedeansi mirabilmente congiunte , pareva che esser dovesse l’idolo della sua patria. E nondimeno ei non fu esente da quella invidia che con tanto maggior furore si scaglia contro gli uomini dabbene, quanto più essi nimici son d* ogni vizio. Sotto pretesto di una tassa da imporsi a’ cittadini, Giannozzo fu così aggravato, eli’ ei si vide costretto ad uscir da Firenze, e a ritirarsi in Roma presso il pontefice Niccolò V, da cui ebbe quell’onorevole accoglimento che un uom sì dotto poteva da un tal pontefice aspettarsi. Citato a tornare in Firenze sotto pena di esilio, e inviatovi per maggior sicurezza da Niccolò col carattere di suo ambasciadore, ei rapì talmente gli animi di tutti, che venutovi quasi a guisa di reo, fu di unanime consenso eletto a uno de’ più ragguardevoli magistrati. Finito il tempo della sua carica, e ottenutane licenza dalla Repubblica. tornossene a Roma, ove dal pontefice Niccolò V fu dichiarato suo segretario colf annuale stipendio di 600 scudi d’oro. Morto poi Niccolò, Callisto III gli confermò lo stesso impiego e lo stesso stipendio. Ma Giannozzo recatosi