Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/512

LIBRO Capo II. Lingue straniere.

I. Benchè i greci e i latini antichi scrittori fossero in questo secolo l’oggetto delle ricerche e delle fatiche de’ dotti, e al confronto di quelle due lingue poco venisser curate le altre, non fu nondimeno priva l’Italia di studiosi e diligenti coltivatori delle lingue orientali. Il Concilio di Basilea avea decretato (sess. 19) che in tutte le università dovessero esse insegnarsi pubblicamente. Io non trovo però, che, almen per riguardo all’Italia, ciò si conducesse ad effetto. Non fu dunque che un lodevole desiderio di stender sempre più le proprie cognizioni, che indusse alcuni a volgersi allo studio di queste lingue; e tanto più ò a pregiarsi questo loro disegno, quanto maggior fatica dovette ad essi costarne l’esecuzione per la mancanza in cui erano di mezzi opportuni a soddisfare la loro brama. Facciamoci ad annoverare alcuni di quelli da’ quali sappiamo che coltivate furono le. lingue orientali; e se scarso ci sembrerà il lor numero, esso però sarà tale, che muli’ altra nazione , s’io non m’inganno , potrà produrne altrettanti.

II. Parlando nel capo precedente dello storico Andrea Biglia agostiniano, abbiam provato colla testimonianza di Fra Jacopo Filippo da Bergamo, corrcligioso e quasi contemporaneo di Andrea, eh’egli era uomo dotto nella greca