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TERZO 1 1 I ( a lui scritte (l. 7, ep. 32 , 35), così gli dice: Io mi maraviglio, come tu possa sì ben soddisfare a tanti e sì diversi impieghi. Tu regoli ed amministri gli affari del tuo Principe colla più prudente cautela. Tu rispondi a chi ti consulta, in modo che pochi in ciò ti vanno innanzi. In verso e in prosa scrivi con tale eleganza, che appena sei inferiore ad alcuno. Ti volgi ancora a lle pia recondite scienze , e ne scopri qualche cosa ogni giorno sconosciuta a’ medesimi professori. E finalmente così bene dividi il tuo studio fra molte cose, che sembri tutto intento a una sola. Nè ti mancano le domestiche sollecitudini, che richieggon pensieri e fatiche non picciole , talchè sembra che a dispetto della fortuna tu coltivi le lettere. Nella stessa lettera lo ringrazia il Poliziano dell1 indice che trasmesso gli aveva, de’ libri da lui trovati in Allemagna, e il prega a mandargli l’orazione ivi da lui recitata, che è quella probabilmente che abbiamo accennata poc’anzi. Di lui ancora parla con molta lode Giovanni Pico della Mirandola, che lo dice dottissimo nella giurisprudenza , e in ogni sorta di lettere perfettamente istruito, e accenna di essersi con lui trovato a Bologna (in Astrol. l. 2 , c. 9); e un bell’elogio ce ne ha ancor lasciato il Giraldi (De Poet. suor. temp. dial. 2). Questi lo dice uom versato in tutte le scienze, competitore di Niccolò Leoniceno, e poeta ancora non dispregevole; ne rammenta due panegirici singolarmente in lode di Firenze il primo , il secondo di Lorenzo de’ Medici; e riporta una lettera del Poliziano a Giovanni Pico, in cui racconta con quanto piacere ei