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S^O LIBRO di età, e che era ancora sano e robusto. Ma sappiamo ch’egli ivi continuò, sinchè visse, cioè, secondo il comun consenso degli scrittori, fino a’ 13 di ottobre del 1535, nè io veggo però, che essi rechino alcun monumento a comprovar quest’epoca della morte di Decio. Il Panciroli, l’Argelati, il Fabbrucci riferiscono l’iscrizion sepolcrale ch’ei fece ancor vivo incidere sul suo sepolcro in Campo Santo di Pisa. Essi ci danno ancora il catalogo delle molte opere legali da lui composte e stampate, e aggiungon gli elogi che molti ne han fatto. Ma dopo tutto ciò che abbiam detto della gara delle università e de’ principi in invitarlo a loro, delle contese che perciò furon tra essi, degli straordinarj stipendj a lui assegnati, e del gran numero di scolari che in ogni tempo egli ebbe, parmi inutile l’allungarsi a dimostrar con parole ciò che i fatti stessi comprovano sì chiaramente. XLVI. Noi siamo ormai alla fine della lunghissima serie dei giureconsulti in questo secolo tessuta dal Panciroli, di cui pure per amore di brevità abbiamo lasciati alcuni in diparte. Perciò ancora io accennerò solamente Cristoforo Alberici pavese, di cui il Panciroli fa un cenno parlando del Decio , e di cui più ampie notizie si possono vedere presso il conte Mazzucchelli (Scritt it. t. 1, par. 1, p. 291); Giambattista Sfrondati cremonese, da molti principi de’ suoi tempi adoperato in onorevoli ambasciate, e morto in età di soli trentasei anni in Venezia l’anno 1496 (c. Girolamo Bottigella pavese celebre singolarmente per la vasta