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SECONDO 8G5 tornare a Venezia, ove il doge Leonardo Loredano gli disse tali esser le premure del re Luigi, eli’ ei non poteva a meno di non secondarle; ma che lo stesso Filippo avrebbe fatta cosa gratissima alla Repubblica, se egli stesso ricusato avesse di lasciar Padova. Ma il Decio saggiamente rispose che se la Repubblica non avea forze a impedire la sua partenza, molto meno potea egli sospenderla, suddito, com’era , di quel monarca. Convenne dunque dargli congedo, e Filippo a’ 25 di dicembre del 1505 giunse a Pavia, e per sette anni spiegò ivi il Diritto canonico, udito da gran numero di scolari, molti dei quali celebri per nascita e per dignità si annoverano qui dal Boeza. Accadde intanto che il re Luigi sdegnato contro il pontefice Giulio II, col consiglio di alcuni giureconsulti , e fra gli altri del Decio, radunò il sinodo in Pisa, a cui lo stesso Decio fu costretto suo malgrado a recarsi. Poichè quel sinodo fu da Pisa trasferito a Milano, il Decio scrisse a’ cardinali che il componevano, perchè gli fosse permesso di non avervi più parte; ma questi gli rinnovaron le istanze, perchè proseguisse a prestar ad essi la sua opera, e fu forza al Decio l’ubbidire. Così la lettera del Decio, come la risposta de’ cardinali sono state dal Boeza date alla luce. Il pontefice sdegnato contro del Decio fulminò contro di lui la scomunica. Ed egli ne ricevette la nuova quasi al tempo medesimo in cui le armi de’ collegati chiamate in aiuto da Giulio II costrinsero i Francesi a lasciare l’Italia. Era egli allora in istato cagionevole di