Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/195

SECONDO 83^ annovera etili pm’e tra1 professori di quella un13 JstGmn.Jèn-. t. », p.55), ma non ci dà alcun lume a conoscerne precisamente il tempo. In Bologna ancora gli fa il Panciroli sostener la cattedra di giurisprudenza dopo il 1482; ma già abbiamo osservato che allora ciò non potè avvenire. E forse, s’ei veramente fu in Bologna, deesi ciò riferire al tempo in cui egli partì da Padova. Checchè sia di ciò, il medesimo Panciroli, senza però addurne prova di sorta alcuna, dice che negli ultimi tre anni di vita ei perdette del tutto l’uso della lingua, e che morì in un sobborgo in Siena nell’anno 1507.

XXXV. Il carattere che il Panciroli ci fa de’ costumi di quello illustre giureconsulto, non è molto lodevole. Secondo lui, era egli un giocator disperato, e per le carte lasciava talvolta i discepoli senza lezione, e passava le notti intere al tavoliere; e il frutto che ne raccolse, fu di ridursi a tal povertà, che morendo non lasciò denaro bastevole a fargli l’esequie, e convenne che esse si facessero a pubbliche spese. Uomo al medesimo tempo estremamente avido del denaro , non solo vendeva a ben alto prezzo i suoi consulti, ma talvolta ancora scriveva in favore di amendue le parti che tra lor contendevano. Dicesi innoltre ch’ei fosse di lingua faceta e mordace, e che fra le altre cose interrogato una volta in Bologna, che far si dovesse ad uno il qual negasse di rendere il denaro presso lui depositato senza sicurtà, rispondesse che con costui faceva d’uopo usar del pugnale; e che di fatto chi avealo interrogato, essendosi I