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SECONDO dii Pietro Tommasi da Ravenna (c. 138)j e ad amendue attribuisce una straordinaria memoria, lasciandoci in tal modo dubbiosi se egli abbia diviso in due un sol personaggio, o se veramente se ne debban riconoscere due somiglianti di nome, ma realmente diversi. Ma prima di esaminar tal quistione, veggiamo ciò che ci narrano gli scrittori di que’ tempi di Pietro Tommai, e ciò ch’egli stesso di sè ci ha detto nelle sue opere. L’eruditissimo P. ab. Ginanni ne ha trattato a lungo (Scritt. ravenn. t. 2, p. 41 y, ec.); ma pur mi sembra che rimanga ancor luogo a qualche ricerca; e io studierommi di farla colla maggior diligenza. E qui vuolsi prima d’ogni cosa avvertire che e nelle antiche edizioni delle opere di Pietro, e ne’ monumenti che a lui appartengono, e nelle storie di que’ tempi, egli è nominato semplicemente Pietro da Ravenna. Il Facciolati, il Fabbrucci, il Borsetti lo dicono or Pietro dei Tommei da Ravenna, or Pierfrancesco da Ravenna, or Pierfrancesco Tommasi da Ravenna; ma come essi citan bensì i monumenti delle loro università, ma non ne recano le precise parole, così non sappiamo a qual sentenza attenerci; e solo possiam lusingarci che non si sieno ingannati tutti i moderni scrittori nel crederlo della famiglia Tommei, o Tommasi di Ravenna, che forse è la stessa. Egli in un passo del suo libro intitolato Fenice , di cui or ora diremo, afferma che non avendo ancor compiti i 20 anni, era in Padova scolaro di Alessandro da Imola. L’incertezza in cui siamo intorno al tempo della