Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/138

780 LIBRO tosse per qualche tempo FAccolti, e che ivi ancora tenesse scuola; perciocchè Niccolò Burzio scrittor di que’ tempi, citato dal conte Mazzucchelli, nella sua Bononia illustrata afferma, come poscia vedremo, di averlo avuto a suo maestro; e il Burzio, benchè parmigiano di patria, avea nondimeno studiato lungamente in Bologna, come egli stesso in più luoghi ci narra. Or poichè dopo il 1450 vedremo l1 Accolli occupar sempre altre cattedre , rimane a dire perciò, che tra’ ’l 1440 e ’l 1445 ei fosse in Bologna, e che di là passasse a Ferrara, ove certamente era alcuni anni prima del 1450. Perciocchè nel catalogo poco innanzi accennato di quest’anno egli è nel numero di quei professori collo stipendio di 900 lire. E un decreto del marchese Leonello, che si conserva negli Atti della Computisteria di Ferrara segnato agli 11 di maggio dell’anno stesso 1450, ci mostra che già da alcuni anni egli era ivi professore di legge. Il principio di esso è così onorevole per l’Accolti; ch’io non posso a meno di non riferirne le stesse parole: Leonellus Marchio Es tensis, ec. Multos vidimus, plures accepimus , fuisse et esse claros et excellentes viros; quosdam humanitatis studia, nonnullos Iuris Civilis, alios Pontificii scientiam, aliquos Philosophiae praecepta, alios Theologiae cognitionem memoriter et profunde tenentes. At non qui in omnibus his singulis excellerent; immo etiam, qui in eis mediocriter essent eruditi, de paucis audivimus, neminem non vidimus, praeter tantum unum hac nostra aetate Dominum Franciscum Aretinum Juris utriusque