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osservazioni sugli altrui libri che dava in luce, e il comporre egli pure qualche libro1, come la Gramatica latina, ch' ei pubblicò l’anno 1507.

XXXVII. Un uomo sì benemerito della letteratura , e sì sollecito del comun vantaggio degli eruditi, era degno di miglior sorte. Nella lettera a Girolamo Donato, con cui gli dedica, l'anno 1499, Dioscoride e Nicandro, Io non so, dice, onde avvenga che, dappoiché con fatiche e con incomodi miei gravissimi ho cominciato a promuovere in ogni modo possibile il risorgimento delle Belle Lettere in Italia, io mi veggo o per malizia degli uomini, o per disgrazia de’ tempi esposto ad ogni sventura. Se pure non vogliam ciò attribuire al reo destino de’ Greci; cioè che debban essere infelici coloro che favoriscono il Grecismo; il che da alcuni si suole dire per ischerzo, ma purtroppo da molti si pruova in fatti. Che. poi io sia sempre più fermo nel mio proposito.... me ne maraviglio io stesso; e tanto più che son travagliato e quasi oppresso dalle fatiche, e pur mi piace l'essere oppresso, mi piace il vivere infelice.... Soffrirò volentieri i miei danni, purchè giovi ad altri; e finchè avrò vita, non cesserò dal continuare nel mio disegno fino a tanto che mi riesca di vederlo compito. L’anno 1506, essendosi recato a Milano, ove era stato invitato da Giaffredo Carlo vicecanceliere di quel senato, mentre tornandosene passava da Cremona ad Asola, caduto nelle mani de’ soldati del marchese di Mantova, che andavano in traccia di alcuni, e preso per uno di que' ch’essi cercavano, spogliato d’ogni