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834 LIBRO medesimo (Geneal. Deor. l.15, c. 10), cioè che in età avanzata avea preso a coltivare gli studi sacri; ma che la difficoltà che in essi provava, e la vergogna di dover sì tardi apprendere gli elementi di una nuova scienza, ne lo dissuase. XLU. Da una lettera del Boccaccio, pubblicata dal Doni e poi dal canonico Biscioni (Prose antiche, p. 289, ec.), ricaviamo ch’egli invitato da Niccolò Acciajoli gran siniscalco del regno di Napoli, recossi a quella corte, ma che sdegnato per la maniera poco onorevole con cui fuvvi accolto, se ne partì. E allora fu probabilmente che si sparse la voce che il Boccaccio erasi fatto certosino nella Certosa di Napoli, come veggiam da un sonetto che compose Franco Sacchetti all’udire di cotal nuova (Manni, l. cit. p. 99). Ciò avvenne, per quanto io credo, l’anno 1363, poichè abbiamo una lettera del Petrarca al Boccaccio (Senil L 3, ep. 1), scritta a’ 7 di settembre di quest’anno, in cui gli rammenta il piacere che avea provato ne’ tre mesi che quegli avea seco passati a Venezia tornando da Napoli. L’ab. de Sade dice (t 3 , p. 625) che il Boccaccio era partito da Firenze per cagion della peste, e che per la stessa cagione invece di ritornarvi partendo da Napoli divertì a Venezia. Ma il Petrarca chiaramente ci dice che quando il Boccaccio venne a Venezia, Firenze non era ancora travagliata dalla pestilenza: tu... linquens Neapolim , et omissa Florentia longiore circuitu me petiisti, quamvis adhuc utraque urbium illarum tranquilla persisteret. Due anni appresso il Boccaccio fu di nuovo ambasciadore de’ Fiorentini alla corte