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TERZO 813 o se ne consideri la vivacità dell’ingegno, il continuo studio e la molteplice erudizione, o si voglia aver riguardo alP indole amabile e alle non ordinarie virtù di cui fu adorno; pregi tutti singolarissimi e che , se vennero alquanto oscurati da qualche ambizione degli onori letterarj, da qualche trasporto nel rispondere con aspro e pungente stile a’ suoi avversarj, e da alcuni giovanili trascorsi, ebbero però ancora maggior risalto dal confessar che fece egli medesimo la sua debolezza, e dal sincero pianto che sparse su’ proprii falli. Ma lasciamo le morali virtù che a questo luogo non appartengono, e parliam solo della poesia italiana che è il principale argomento di questo capo. Il Petrarca avea sortita nascendo quella felice disposizione alla poesia , senza cui inutilmente si cerca di divenire poeta, e ben il diede a vedere 1’avversione eli’ egli ebbe fin da’ primi anni agli studi legali , e il toglier loro quanto poteva di tempo per occuparlo nella lettura de’ poeti. La poesia latina era quella che singolarmente egli amava; e forse s’ei non si fosse innamorato di Laura, noi non avremmo nel Canzoniere del Petrarca il più perfetto modello di poesia italiana. In fatti ei non parla giammai de’ suoi versi volgari che come di scherzi giovanili, e confessa ch’egli era stato più volte tentato di gittarli alle fiamme sì perla frivolezza dell’argomento, come perchè essi spargendosi pel volgo. e passando di mano in mano e di bocca in bocca, si venivano stranamente sconciando e alterando , sicchè era difficilissimo l’averne una copia esatta e corretta (Senil. l. 5, ep. 3; l. 13, ep. 4). Ei