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TERZO 68 f IV. È certo però che al Petrarca e al Boccaccio singolarmente, e a’ due Calabresi da essi favoriti e protetti, si dovei te il fervore con cui più che in addietro si volsero gl’Italiani allo studio di questa lingua. Il Petrarca, avido al sommo di apprendere quanto apprendere può un uomo, desiderava occasione d’istruirsi in essa. E la sorte gliene fu favorevole all’occasione della venuta in Occidente del celebre monaco Barlaamo, di cui, poichè fu italiano di nascita, dobbiamo qui ragionare; e noi il faremo seguendo singolarmente le tracce del diligentissimo co. Mazzucchelli (ib. t 2, par. 3, p. 369, ec.), il quale confessa di essersi giovato della Vita che di fresco aveane scritta il Dott Baldassarre Zamboni lettor di teologia nel seminario di Brescia, e che doveasi allor pubblicare: il che però io non so che siasi ancora eseguito. Ma insieme aggiugneremo più cose tratte dalle opere dello stesso Petrarca, esaminando al medesimo tempo ciò che ne ha scritto l’ab. de Sade. Questo scrittore, sull’autorità non troppo valida dell’Ughelli (Ital.sacra} t 9, p. 395), oltre il nome di Barlaamo, gli dà quel di Bernardo (Mém. pour la vie de Petr. t. 1 , p. 406), e benchè confessi, come tutti gli Scrittori affermano costantemente , eh’egli era nato in Seminara nella Calabria, aggiugne, senza recarne pruova , ch’egli era oriondo di Grecia. Egli, rendutosi in età giovanile monaco basiliano, per desiderio di apprendere la lingua greca passò nell’Etolia, quindi a Salonicchi, poscia nel 1327 a Costantinopoli. Quivi