Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/350

SECONDO 3 I 3 eh* la esercitasse (*). Cristina da Pizzano, di cui parleremo in questo stesso volume, favellando di Cecco. dice che par la dessert de son criminel vice, il fut ars en un feu deshonettement (Cité des Dames, c. i o); colle quali parole sembra indicare ch’ei fosse arso per vizio infame, di che però non vi ha indicio nè pruova di sorte alcuna. Ma io non so come l’ab. de Sade abbia interpretate queste parole medesime , come se Cristina volesse dire ch’ei fu arso perchè non amava le donne (Mém. pour la vie de Petr. l. 1, p. 49)• XVIII. L’Acerba, da noi mentovata più volte, è un poema in sesta rima, qual è quella da i noi di sopra recata, a cui al fin d’ogni capo si aggiungon due versi rimati tra loro come nell’ottava rima; e perciò alcuni il fanno inventore di questo metro. Esso in alcune edizioni è diviso in quattro, in altre in cinque libri, ed ogni libro in più capi, ed in essi tratta di più argomenti di fisica e di filosofia morale e di religione ancora; e spesso ci fa vedere quanto ei fosse invaghito dell’astrologia giudiciaria. Esso non è molto pregevole nè per profondità di dottrina, nè per eleganza di poesia. E nondimeno diciannove edizioni ne abbiamo fino al 1546. dopo il qual anno non (*) Anche a Cecco d*Ascoli si attribuiscon dal credulo e sciocco volgo alcuni strani prodigi operati per negromanzia; e se ne può vedere un saggio ne’ la \ ita che ne accenna il eh. D. Jacopo Morelli , conservata nella libreria Nani in Venezia (Cod. mss. della Lib. Nani, p. 160). XVIII. Opere <U ni « otnpo-