Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/213

1*6 LIBRO per accrescere sì bel tesoro alla sua biblioteca, avendol nondimeno esortato a non abbandonare in tutto gli studj, il Boccaccio ritenne ancora i suoi libri. Quindi nel suo testamento, da lui scritto l’anno 13*y4 ^ c pubblicato dal sig. Domenico Maria Manni (Stor. del Decam. par. 1, c. 31), ei lasciò erede di essi F. Martino da Segni de’ Romitani di S. Agostino del convento di S. Spirito in Firenze, acciocchè dopo averne usato vivendo, li lasciasse in morte al convento medesimo. Così avvenne, e a render più durevole la volontà del Boccaccio, si aggiunse poscia la liberalità di Niccolò Niccoli che a sue spese fabbricò ed ornò nel detto convento la stanza in cui doveansi conservare, come colla testimonianza di parecchi scrittori contemporanei dimostra l’ab. Mehus (pref. ad Epist. Ambr. camald. p. 31). Gran copia di libri avea parimente raccolta Coluccio Salutato, come afferma Giannozzo Manetti (Mehus, Vit ejusd p. 288); anzi ci assicura ch’essi giunsero al numero di 600, somma per que’ tempi non poco pregevole; ma poichè egli fu morto, i figliuoli che più che i libri avean in pregio il denaro, li venderono tutti (Pigg in Elog. Nic. Nicoloi). E veramente quanto fosse Coluccio desideroso di raccogliere libri, cel mostrano le sue lettere, nelle quali frequentemente or l’uno, or l’altro ne chiede a’ suoi amici. Io ne recherò qui solo tradotto in lingua italiana un frammento pubblicato dall’ab. Mehus (l. cit p. 386), in cui egli scrivendo a Giovanni di Montreuil, di cui parleremo tra poco, Consegna, gli dice, a /inoli accorso le lettere di Abailardo tanto da me