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I TERZO ~u3 creduto ch’egli esigesse a diritto qualche più esatta ricerca. XXIII. Tutti questi precettori e maestri d’eloquenza e di stile, che insegnando e scrivendo additaron le leggi di scrivere e di parlar coltamente , sembra che avrebbon dovuto formare valorosi allievi, sicchè in ogni parte d’Italia sorgessero nuovi Tulli e nuovi Cesari. E nondimeno noi siamo ancora ben lungi dal poter mostrare eleganti scrittori, o oratori eloquenti. Nè è a stupirne. I saggi, che noi abbiam dati, dello stile di Gaufrido, di Buoncompagno, e di altri simili professori, han potuto convincerci ch’essi non eran modelli su cui formandosi i lor discepoli giugner potessero a scrivere con eleganza. Ciò non ostante ottenevasi pur qualche frutto. Si cominciavano a conoscere i buoni autori, che erano stati per lungo tempo quasi del tutto dimenticati. Se di sì sublimi esemplari non faceansì ancora felici copie, se ne ritraevano almeno alcuni lineamenti. Le riflessioni che sopra essi si venivan facendo , non eran troppo profonde, ma pur qualche cosa si rifletteva. In somma il cammino verso l’elegante letteratura era lento e stentato, ma pur faceasi qualche progresso. Si moltiplicavan le copie de’ buoni libri, col loro numero cresceva ancora il numero de’ lor lettori 5 e fra molti lettori alcuni cominciavano ad esserne imitatori, e così a poco a poco andavansi dissipando le folte tenebre che per tanti secoli avean ingombrata l’Europa tutta. In fatti o noi osserviam gli scrittori latini, o gl’italiani, noi li veggiamo successivamente divenir meno incolti; e come xxm. Qual fruito si trarjse da’ precetti di Questi prottiiori.