Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/569

548 LIBRO Rolamlino, ed averla data alle favole che di Sordello si son narrate da’ posteriori scrittori. Avea, dice Benvenuto, Ezzelino una sorella detta Cuniza, la quale, essendo accesa d’amor per Sordello , ordinogli che a se venisse per la porta della cucina del palazzo che avea Ezzelino in Verona. Per giugnere ad essa, conveniva passare per un viottolo pien di sozzure; e Sordello faceasi perciò portare da un servo fino alla porta ove Cuniza il riceveva. Ezzelino, che n’ebbe contezza travestitosi una sera da servo, portò egli stesso Sordello, e poichè l’ebbe deposto , scoprendosi a lui, sì gli disse: Or si basti, o Sordello, e. non voler più passare per luogo sì sozzo a più sozzo disegno. Sordello atterrito, il pregò di perdono, e gli promise quanto egli volle. Tamen, continua Benvenuto , Cunitia maledir ta traxit eum in p rimum fallum; e perciò Sordello, temendo il furor d’Ezzelino, se ne fuggì; ma fu poscia, come alcuni dicono, ut aliqui ferunt, fatto trucidare dal medesimo Ezzelino. Ecco di nuovo Benvenuto non bene informato della vita di Sordello , e costretto a seguire le popolari opinioni , prevenendo però saggiamente il lettore della loro incertezza. Alla stessa maniera continua egli a comentare questo passo di Dante; e ove questi descrive il luogo solitario in cui stava Sordello, ei ne adduce a ragione il grandemerito di questo uomo; perciocchè, dice, ei fu di singolare virtù nel mondo, benchè impenitente in vita; ovvero , aggiugne , il pone in disparte, perchè Sordello amava la solitudine; e odo ch’ei fece un libro che è