Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/489

.{68 LIBRO Gli storici ili questa età non hanno molto diritto di entrare in veruna di queste classi; perciocchè essi non si stancan molto in discernere il vero dal falso, ma parlando singolarmente di cose antiche ci narrano le più gran fole del mondo; e pretendono ancora che noi diamo lor fede. Nella sposizione poi de’ fatti medesimi, non solo non son guari solleciti di ornamento e di eleganza , ma per lo più si spiegano in uno stil così barbaro, che non se ne può soffrir la lettura, se non per ridersi della lor barbarie medesima. E nondimeno dobbiam loro mostrarci riconoscenti e grati, perchè senza essi saremmo in gran parte al buio delle cose a’ lor tempi avvenute. Le favole di cui hanno imbrattata la storia de’ tempi antichi, troppo bene son compensate dalla sincerità con cui ci hanno narrate quelle di cui furono testimoni. Alcuni, è vero, fin da que’ tempi si lasciat oli sorprendere dallo spirito di partito; ma essi sono assai pochi, e i più ci parlano con un’amabile e schietta semplicità che è il più certo argomento del vero. Ed ugualmente dobbiamo esser tenuti a coloro che hanno disotterrate e donate al pubblico cotali Storie; e singolarmente all’immortal Muratori, che tante ne ha date alla luce nella sua gran Raccolta degli Scrittori delle Cose italiane. Poichè dunque di questi storici dobbiam ragionare, benchè altrove gli abbiam uniti cogli scrittori delle belle lettere, qui nondimeno, ove la copia maggiore ci obbliga a più esatta separazione, ne parleremo in questo libro medesimo; giacchè l’unico loro pregio si è quello di dirci il vero, ove parlati