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Gno LIBRO congetturare, nel rendere alla sua integrità il codice ch’era mancante ed imperfetto; scelse dalla nojosa farragine delle Novelle gli articoli più importanti, e gT inserì ne’ luogi opportuni del codice. Ciò ch’egli afferma qui i,i breve il conferma altrove più stesamente (p. 13, ec. j con pruove tratte da’ codici antichi e dagli antichi giureconsulti, e a me basti l’averlo qui accennato per non gittare inutilmente e tempo e fatica in ripetere le belle ed erudite osservazioni di questo dotto scrittore. Ma ciò che maggior fama acquistò ad Irnerio , furon le Chiose ch’egli prima di ogni altro aggiunse alle Leggi facendone così una breve e semplice dichiarazione , il che egli non fece solo per riguardo al Codice e alle Istituzioni, ma per riguardo ancora al Digesto, come pruova chiaramente il medesimo autore (p. 22). Catelliano Cotta riprende sdegnosamente Irnerio, perchè abbia recato colle sue Chiose tenebre e non già luce alla giurisprudenza (Recens. Juris Interpr. p. 520, ed. Lips. 1721); ma il P. Sarti, recandone alcuni frammenti, dimostra (p. 13 , ec.) che le Chiose d’Irnerio son brevi, chiare e precise , e che se tutti i seguenti giureconsulti ne avesser seguito l’esempio , non avrebbono , per così dire, imboschita la giurisprudenza con una selva d’inutili e prolisse e oscure annotazioni. XVII. Queste fatiche d’Irnerio nell’illustrare le Leggi romane gli conciliaron gran nome. In un placito, tenuto dalla contessa Matilde l’anno 1113, veggiamo Warnerio causidico bolognese nominato innanzi a tutti gli altri causidici che v’intervennero, chiamati da essa per