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TERZO 379 esemplari pur ci sono rimasti delle opere degli antichi autori, noi il dobbiamo ad alcuni pochi che anche in mezzo a tanta barbarie furono amatori delle scienze sacre e profane, e moltiplicarono i codici, e, per meglio assicurarli, ne fecer dono alle chiese. Così il papa Stefano V verso l’anno 886 donò alla basilica di S. Paolo alcuni libri, come narra Anastasio Bibliotecario (Script. rer. ital. t. 3,pars 1,p. 371)J così l’arcidiacono Pacifico, di cui poscia ragioneremo, lasciò nello stesso secolo al Capitolo di Verona dugento diciotto codi ci; così finalmente un certo prete Teobaldo al principio del X secolo fe’ dono di alcuni suoi codici alla chiesa di S. Valentino in Roma (Murat. Antiq. Ital. t. 3, p. 840). Ma della conservazione de’ libri noi siam debitori a’ monaci singolarmente, i quali coll’istancabil travaglio delle loro mani, accrescendone le copie, faceano in modo ch’essi non perissero interamente. E un bel monumento fra gli altri ne abbiamo pubblicato dal ch. Muratori (ib. p. 187, ec.), cioè il Catalogo de’ libri del monastero di Bobbio, scritto, com’egli pensa, nel x secolo; in cui veggiamo una non piccola copia di autori non solo sacri, ma ancor profani, storici, oratori, poeti, un altro conservasene ancora nell’archivio di quella Badia scritto nel secolo xv. Ed è tradizione costante che la maggior parte di tali codici passasse nel secolo precedente a Roma alla libreria di Santa Croce in Gerusalemme. « Ma della biblioteca del monastero di Nonantola , degli antichissimi codici che vi si conservano, e delle diverse vicende a cui fu essa soggetta, ho parlato più a lungo nella mia Storia di quell’insigne Badia ».