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PREFAZIONE XIX ricerche che sogliuit recate a: lettori noja maggior del frutto, e senza entrare in certe più difficili e più pericolose quistioni, alcune delle quali, come sopra ho accennato , han data occasione a sanguinose battaglie tra molti scrittori del secolo xvi , altre in questi ultimi tempi nuove guerre hanno destate tra il ch. monsignor Fontanini e i suoi illustri avversarii. E parmi inoltre che in tal maniera si possano forse non difficilmente unire in pace le diverse opinioni sull’origine della nostra lingua. Percioci liè se coloro che affermano che la lingua italiana fu usata ancor da’ Romani nel favellare del volgo, si ristringano a dire ch’era presso essi quel parlar popolare da cui si è poscia formata col volger de’ tempi la nostra lingua, io non verrò con essi a contrasto; e concederò ancora al marchese Maffei, e agli altri sostenitori della sua opinione , che la lingua italiana non sia nata da’ Barbari, ma che abbia avuto principio dal sempre maggiormente corrompersi che fece il già guasto parlar del volgo, quando egli non neghi che a questo corrompimento contribuirono in non piccola parte i Barbari che innondaron l’Italia, (Che se essi in nulla si vogliano dipartire dal lor sentimento , io non perciò verrò con essi ad alcun’altra contesa; perciocchè non mi sembra questo argomento di tal natura, che vaglia la pena di disputarne più lungamente. Potrebbe finalmente parer questo il luogo a cercare chi si ino stati i primi e più antichi scrittori di nostra lingua. Ala di ciò noi dovremo parlare nel decorso di questo studio medesimo, ove esamineremo se nell’epoe.i che abbiamo in esso compresa, sia stato alcun poeta italiano; e molto più nel seguente, ove di ciascheduno de’ primi nostri scrittori dovrem parlare partitamente. Così pure io lascio qui di trattare ile Ila studio, che tra’ nostri fiorì , della lingua provenzale nel xii e nel XIII secolo, perciocchè dovrem ragionarne stesamente a luogo più opportuno. A me basta l’aver finora esposto, come a me è sembrato più verisimile, il modo con cui il popolo, abbandonata la lingua latina, passò ad usare dell’italiana, e con cui questa dall’essere adoperata solo dal volgo giunse ad essere illustrata ancor dalla penna degli scrillori.