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vi vita

pubblico precettore, e quindi passò nel Collegio di Monza, retto in quel tempo dai Gesuiti, e non aveva ancora compiuto l’anno decimoquinto allorquando cercò di essere ammesso nella loro Compagnia. Facilmente lo ottenne, quantunque il padre avesse procurato di stornarlo da quel pensiero, promettendosi, per l’ottima indole ch’ei già scorgeva in questo unico maschio, (poichè oltre di lui aveva dal suo matrimonio avute tre figlie) non mediocre sollievo a sè stesso ed alla famiglia sua non molto abbondante dei beni della fortuna. Fece il suo noviziato in Genova, terminato il quale, rivolse tosto i suoi pensieri allo studio della storia letteraria e di tutta l’amena letteratura, verso la quale sentivasi per natura inclinato, benchè avesse fatto non mediocre profitto anche nella Teologia, e lo avesse dimostrato in que’ pubblici sperimenti, a cui i Gesuiti attribuivano molta importanza.

Un ampio aringo ove palesare il suo ingegno e far prova di quanta attitudine egli avesse ad insegnare l’eloquenza, gli si aperse allora che venne fatto maestro di questa facoltà in Milano nelle scuole di Brera. Imperocchè gli insegnamenti minori che aveva sostenuti in Genova ed in altre città, sono da considerarsi come privati esercizi. Accrebbe e quasi del tutto rifece il Dizionario del Mandosio, affinchè i suoi scolari avessero in esso un copioso emporio di parole e di frasi latine. Soleva poi scrivere con grande accuratezza le spiegazioni degli autori latini ch’ei doveva pronunciare dalla cattedra, ed aveva un libro di proemii