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Sfa PARTE TERZA tanli sono gli autori che l’hanno illustrata. Se ne può vedere il catalogo presso il Fabbricio (Bibl. lat. t. 2 , p. 532 , ec): a cui molti altri più recenti se ne potrebbono aggiugnere, e singolarmente l’altre volte lodato avvoc. Terrasson, che nella dottissima sua Storia della Romana Giurisprudenza ha diligentemente raccolto ed esaminato quanto ad essa appartiene. Quinto Muzio Scevola è il primo che ci si offre a ragionarne. A conoscere le virtù e il sapere di questo grand’uomo, basta leggere ciò che in diverse occasioni ne dice Tullio. Non voleva egli tenere scuola nè pubblica nè privata di giurisprudenza; ma molti ciò non ostante accorrevano ad udire le saggie risposte che egli dava a coloro che a lui venivano per consiglio; e questo stesso era un utilissimo magistero, di cui Cicerone confessa di essersi giovato assai (De Cl. Orat. n. 89). A un profondo saper delle leggi congiungeva egli una robusta eloquenza. Quindi Crasso presso Cicerone, di lui parlando, così dice (De Orat. l. 1, n. 39): Q. Scaevola aequalis et collega meus, homo omnium et disciplina juris civilis eruditissimus, et ingenio prudentiaque acutissimus , et oratione maxime limatus atque subtilis; atque, ut ego soleo dicere, jurisperitorum eloquentissimus, eloquentium jurisperitissimus. Quintiliano ancora gli dà luogo tra quelli che nella giurisprudenza insieme e nell’eloquenza eransi acquistati gran nome (l. 10, c. 3). Uomo al medesimo tempo di probità insigne era a tutta la repubblica esempio e modello d’ogni più bella virtù. Memorabile è il fatto che di lui narra