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526 PARTE TERZA Dopo questo tempo io non trovo editto alenilo fallo contro de1 Greci, e convien dire che Plinio ragioni di cosa che dagli storici clic ci sono rimasti, sia slata oratnessu. Pare che ciò scienza ile’ mali e de’ rimedii, alla quale Catone stesso erasi applicato , ma si prende in mala parte e cattivo e sordido artifizio. Comprovasi colle parole che seguono dopo Y cxcepissc medicài, cioè augebo providentiam illorum, quasi dicesse: tanto son lungi dal togliere a’ Romani il vantaggio che può venire da’ medici, ma l’accrescerò eziandio: non vo’ togliere l’arte medica , ma migliorarla anzi ed ampliarla; il che avea già Plinio accennato poco sopra col dire: quae nunc nos tractamus quem nos per genera usus sui digerimus; e tanto eseguisse spiegando ordinatamente i varii generi di medicine: la onde dice alla sezione nona: Ordìemur anit ra a confessi!, ec. In somma tutto sembra camminar bene, quando in poco riducansi il discorso di Plinio così: Catone avvisa il figlio di guardarsi da’ Greci, massimamente da’ medici. Che dunque 1 Crederei« noi eli’ egli una cosa tanto utile riprovasse? (coerentemente a ciò che precede, adopera Plinio il vocabolo rem per dinotarla scienza e l’uso della medicina). Mai no. Conciossiachè Catone stesso ha scritto di questa scienza, e se n’è valuto per se e pe’ suoi; e quello ch’ei notò brevemente , verrà da noi più ampiamente trattato. Non la scienza e l’uso di medicina dannavasi da’ maggiori, ma la furberia de’ medici greci. Però è, ch’eressero un tempio ad Esculapio , e quando cacciarono i Greci, ne eccettuarono i medici. Ed io stesso intendo di promuovere questa facoltà ed accrescerla. « Putrebbooo a taluno far forza in contrario al fin qui detto quelle parole: Etiam cum reciperetur is Deus, quasi che i Romani anche allora che ammisero Esculapio , dimostrassero la lor avversione co’ medici, col volerlo fuor di città. Ma tralasciando che l’etiam può anche congiungersi colle parole precedenti, non sembra contro gli addotti testi di P. Vittore e di Plutarco