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libro terzo 311

nè egli il dice, nè verun altro antico scrittore. Quindi, come suole avvenire, non vi ha quasi città nell’Umbria che nol voglia suo. Ognuna ne adduce argomenti e prove che a lei sembrano convincenti, ma che dalle altre si giudicano di niun peso in confronto alle loro. Veggansi intorno a questa contesa la prefazione del Brouckuse all’edizion di Properzio da lui premessa a’ suoi comenti su questo poeta, il Giornale de’ Letterati d’Italia (t. 35, art. 10), le Memorie di Trevoux (an. 1723, mai, p. 838), gli Atti di Lipsia (an. 1725, p. 363), e singolarmente la Nuova Raccolta di Opuscoli scientifici, ec. (t. 7, p. 61), in cui una lunga ed erudita dissertazione si legge di monsig. Fabio degli Alberti, vicario generale di Sinigaglia, nella quale con assai forti argomenti dimostra che la patria di Properzio fu Bevagna. Il Volpi conghiettura che l’importuno ciarlone, cui sì elegantemente deride Orazio (l. 1, sat. 9), altri non fosse che Properzio. Ma troppo deboli sono tai conghietture, nè par verisimile che Orazio parlasse con tal disprezzo di un egregio poeta. Callimaco e Fileta, poeti greci, furon quegli ch’egli nelle sue elegie prese ad imitare, e aprì in tal modo una nuova strada a’ latini poeti, com’ egli stesso si vanta (l. 3, el. 1). Il suo stile in fatti non è lo stil di Catullo, nè quel di Tibullo. Superiore ad amendue nella vivacità della fantasia e nella forza dell’espressione, è nondimeno inferiore nella grazia al primo, nella facilità e nell’affetto al secondo. Le sue poesie ci mostran lo studio che de’ poeti greci avea egli fatto, perciocchè piene