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io già sostenere che egli fose italiano. Già abbiam di sopra mostrato (Par. I. 1, n. 28) che non v’ha argomento valevole a provarlo etrusco. Più insussistente ancora è l’opinione del canonico Campi, il quale, appoggiato a certi antichi versi non bene intesi, vorrebbe far credere che Pittagora fosse piacentino, nel che egli è stato egregiamente confutato dal dottissimo proposto Poggiali (Memor. Storiche di Piacenza t. 1, p. 38), col mostrare singolarmente che quando nacque Pittagora, non era ancor fondata Piacenza. Ma se egli non fu italiano di nascita, pur nondimeno l’Italia può a ragione vantarsi di sì illustre filosofo. Egli certamente vi fece lungo soggiorno, e in quella parte appunto di essa di cui ora trattiamo, cioè nella Magna Grecia, si rendette egli pe’ nuovi suoi dogmi chiaro singolarmente e famoso. Tutti gli storici che di lui scrissero, ne fan certa fede; e ciò confermasi ancora dal nome d’Italica, che alla scuola de’ Pittagorici da lui fondata fu attribuito; scuola, come dice il ch. Montucla (Hist. des Mathémat. t. 1, p. 113), in cui tutte le cognizioni che contribuir possono a perfezionar lo spirito e il cuore, furono con ardor coltivate.


Contesa intorno ad essa tra il Bruckero e il P. Gerdil. II. Non è qui mio pensiero di fare lunga dissertazione sulla vita, sugli studi, sulle opinioni di questo famoso filosofo. Converrebbe prima d’ogni altra cosa esaminar la questione tra due dotti scrittori insorta, Jacopo Bruckero e il p. Gerdil barnabita, sollevato poscia pe’ rari suoi meriti all’onore della sacra porpora l’anno 1777. Sostiene il primo, ogni cosa a