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reno, si può dire, che abbia tremato sempre, come trema ancora di presente, senza lasciare di quando in quando sentirsi sensibilmente con delle scosse le più violenti, per le quali le Case abitabili rimaste in piedi si veggono ridotte al più piccolo numero.
In vista di ciò si prese il partito di porci tutti all’aperta campagna insieme col nostro Pastore, e Giusdicente, formandovi delle trabacche con tende, lenzuoli, e coperte, e facendo ivi trasportare que’ pagliacci, e materassi, che si poteva. Appena ci fummo radunati, che venimmo sorpresi da un Turbine così spaventoso, che pel continuo fragore, e strepito di tuoni e lampi, credemmo giunta la fine del Mondo, raccomandando tutti l’anima all’Altissimo. Dopo mezz’ora però, e dopo la caduta di poche grosse gocce di acqua il Turbine si dileguò affatto, e ritornò l’aere sereno, ma continuò il Tremuoto, e lo spavento.
Ognuno può immaginarsi quale si fosse la nostra situazione, veramente infelicissima. Esposti di giorno e di notte all’intemperie dell’Aria, ai cocenti raggi del Sole, con sentirsi non altro che lamentevoli grida di chi si trovava ferito, di chi perduto aveva o il Padre, o il Fratello, o il Figlio; Altri sentivansi a lamentare del perduto Tetto, e delle perdute proprie sostanze. La penuria del pane per la caduta de’ forni, e di quasi tutto il bisognevole rendeva la scena la più luttuosa, e la più tragica. Si sarebbe potuto aver rifugio ne’ tugurj della campagna, ma svanì ancora questa risorsa, coll’avviso recatoci, che le Abitazioni della medesima, e per sino le più piccole celle si erano affatto diroccate
Tale e tanta fu la confusione, e lo spavento, che badando ognuno a ripararsi alla meglio, non si pensò che tardi di ricorrere al nostro vigilantissimo Monsig. Presidente per ottenere l’opportuno soccorso e Provvedimento. Questi però con quel zelo ed amore, che gli è proprio, prevenne il nostro avviso con ispedirci sul fatto degli Ufficiali, i quali diedero gli ordini i più opportuni per lo stato, in cui ci trovavamo, e nell’istante fummo provveduti del necessario sostentamento; ed in appresso di giorno in giorno vie più abbiamo provato i buoni effetti della vigile cura di Sua Eccellenza Monsig. Presidente. Per liberarci dalla fame à fatti provvisionalmente erigere de’ nuovi forni all’aperta campagna; dei macelli per la carne; e dalle circonvicine Comunità ci à fatto somministrare quel più che ci bisognava. A' avuta tutta la cura per la disotterazione de’ Cadaveri, onde il loro putrefarsi non andasse ad infettar l’aria, e di sotto le macerie del Duo-