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Germano, nella sua qualità di possidente, era ad dirittura nauseato e divenne eloquentissimo. Le tasse, secondo lui, rappresentavano un furto bello e buono.
Con quale diritto il fisco metteva le mani nelle sue tasche e gli mungeva il portamonete, senza la sciargli nemmeno la consolazione di gridare al ladro?
— Ma scusi diceva il cavaliere, riscaldan dosi — che cos'è la Società?,, un'associazione. Se lei s'inscrive in un'associazione, lei paga la sua quota, non è vero?
— Ma se io non voglio inscrivermi non pago niente-- rispondeva Germano con calore-- mentre le tasse devo pagarle per forza, mi piaccia o non mi piaccia.
— Ma il governo assume o non assume sopra di sè tutte le spese? — insisteva Giorgio, po sando aperte le grosse mani sulle cosce poderose — Chi mantiene l'esercito? Chi mantiene la flotta? Chi paga gl'impiegati?
— Io non sono impiegato — rispondeva Ger mano — A me nessuno mi paga e dell'esercito e della flotta io non sento nessun bisogno.
Il colonnello Frezzati disapprovò severamente. — L'esercito è il cardine della Società, signor mio, e chi potrebbe concepire senza flotta un paese disteso fra tre mari? Bisogna essere logici! Il Rosemberg riconobbe che l'esercito di terra e di mare poteva anche essere una necessità per l'Italia; ma questo non lo compensava affatto dei suoi sacrifici personali. L'idea che i quattrini estorti alle sue tasche servivano, forse, a pagar lauta mente un tenente di vascello in rotta per le In die, gli sembrava una idea mostruosa, basata sopra l'assurdo.