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Volgendosi indietro col pensiero, Flora scor geva una grande massa di nebbia avvolgente tutte le cose, e la nebbia si faceva sempre più fitta, e i contorni delle cose sempre più vaghi, senza che mai un raggio di sole scendesse a dissipar quei vapori, o un colpo di vento giungesse a spaz zarli via.

Il cavaliere era stato ammalato di polmonite I inverno precedente, e del periodo della malattia lunghissima, Flora rammentava l'odore dei medi cinali nell'aria greve della camera, e rivedeva, sopra un angolo del cassettone, la bottiglia del cognac con dipinta una croce rossa sull'etichetta. II ricordo di quella bottiglia, unitamente al ri cordo della pioggia che cadeva assidua, battendo sui cristalli delle finestre sempre chiuse, le produ ceva il senso di tristezza plumbea, che si prove rebbe quando si rimanesse, per secoli, chiusi dentro una bara, senza sovvenirsi del passato, senza misurare il tempo, nel più perfetto oblio della vita, ma nella coscienza completa della si tuazione presente.

Un altro grande avvenimento, in quei dieci anni, era stato la partenza di Renato per Torino, dove il giovane avrebbe, tra pochi mesi, conse guita la sua laurea d'ingegnere.

Dopo percorso il liceo e frequentati a Roma i due primi anni della facoltà di fisica e mate matica, Renato aveva voluto recarsi a Torino e Flora rammentava, sbadigliando, le interminabili lamentazioni di suo marito durante i pasti.

In che cosa Torino valeva più di Roma? E perchè correre il mondo quando si sta bene a casa propria? Un giovane lontano dalla famiglia non è forse esposto a mille pericoli, e il mante-