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232 amore nell'arte

miseramente trasformarsi e rivolgersi al culto esclusivo del piacere, è d’uopo che io t’accenni quella triste esperienza della vita che mi fu dato di raccogliere nei primi anni della nostra separazione. Spesso i fiori che intrecciano la nostra corona non si distaccano che per opera di quella mano alla quale era dato di aggiungerne, non si avvizziscono che per ciò solo, che noi li avvolgiamo nell’atmosfera velenosa delle nostre passioni, e per un frutto amaro della terra non esitiamo a contaminarli nel fango.

Morto mio padre, io mi sono avventurato nella vita, nella vita agitata, clamorosa, elegante; nei grandi centri ove la mia gioventù e la mia arte mi avevano aperta una via. Mio padre aveva accumulate molte ricchezze durante la sua vita operosa e modesta: un giorno mi trovai solo nel mondo, ma mi trovai dovizioso: aveva tributato alla mia arte otto anni di studii indefessi: le prime creazioni del mio genio mi avevano dato fama di artista valente; aveva ventidue anni, il mio volto era l’espressione fedele della mia anima, e la mia anima era nobile e pura; avevo del coraggio e del cuore, e mi gettai risoluto nell’avvenire.

Questo battesimo sociale che chiude la vecchia vita e ce ne riapre una nuova, apporta spesso con sè molte gioie e molti dolori. Io non ebbi che dolori. Non era la mia anima suscettibile di provare la gioia? Forse lo era, ma non per quella presso la quale si affannano tutti gli uomini. I tripudii del mondo erano troppo o troppo poco per me; mi opprimevano e mi lasciavano un gran vuoto nel cuore: più io correva verso di loro, e più me ne trovava lontano; avrei voluto vedervi un’entità, una cosa concreta, uno scopo, un soddisfacimento nobile e pieno, e non vi vedeva che il nulla.

Amai. Chi non ha amato o non ama? Era stalo il de-