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fosca | 203 |
Non risposi. Fosca proseguì senza badare.
— Domani tu dovrai partire, domani io morrò. Ma non è che mezzanotte. Abbiamo sei ore innanzi a noi, sei ore per noi, per noi soli, pel nostro amore; poichè tu mi ami, non è vero? tu me l’hai detto.
Mi guardò colle pupille scintillanti di passione. Il suo volto pareva illuminato da un entusiasmo gagliardo che ne rendeva meno sgradevole la deformità; le guancie leggermente rosate, i capelli nerissimi e abbondanti che contornavano il suo volto come in una cornice d’ebano, il vivo contrapposto della sua veste di mussola bianca l’assomigliavano ad una visione fantastica; in quel momento nissuno avrebbe detto che Fosca era assolutamente brutta. Io pensai a Clara, alle menzogne che le avevano guadagnato il mio cuore, all’inganno bassamente concepito e stoltamente svelato… Oh! sì, Fosca soltanto aveva meritato il mio amore, ella sola mi aveva amato, ella che aveva sfidato il ridicolo, il disprezzo, la collera; ella che aveva rinunziato al suo orgoglio di donna, domandando per pietà ciò che le altre danno per debolezza, per vanità o per vizio.
— T’amo, le risposi.
— Ripetilo.
— T’amo.
— Ripetilo ancora.
— T’amo.
— Oh! mio Giorgio, mio Giorgio!
Cadde a’ miei piedi, mi strinse le ginocchia, e vi nascose la fronte. Quando la risollevò, vidi la sua faccia bagnata di pianto.
— Tu soffri? le chiesi con dolcezza.
— No.
— Tu piangi?
— Sono lacrime dolci.