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tutte le passioni sfrenate e biasimevoli dei grandi caratteri, senza averne una sola virtù. Ne hanno la vanità, l’orgoglio, l’ambizione, l’egoismo, senza un solo dei loro pregi che li temperi, senza un raggio di quella bontà improvvisa e passeggiera che ha il genio. Molti confondono l’ingegno col cuore; nulla di più erroneo. È provato che gli uomini più eminenti nella vita pubblica furono quasi sempre i più tristi nella vita privata. Cristo lo ha detto: «Il cielo è pei semplici». L’onestà non fu mai né il retaggio, né il privilegio della sapienza.

«Tale era in poche parole l’uomo che divenne mio marito.

«Io mentirei se ti dicessi che lo sposai non amandolo, mentirei pure se asserissi di averlo amato quanto ne era capace. Non lo conosceva quale era, ma aveva come un presentimento delle sue viltà, una specie d’intuizione misteriosa che impediva alla mia anima di abbandonarsi intieramente alla sua. Forse il mio amore mi aveva resa impotente a comprendere alcune delle sue bassezze che la mia coscienza aveva comprese senza che io lo sapessi, e di cui non lasciava trapelare al mio cuore che un’idea vaga e confusa. Io subiva d’altronde, come tutte le altre donne, quella malia prepotente e incomprensibile che esercitano su di noi gli uomini di carattere violento, e spesso anche perverso. Lo avrai osservato, è cosa comune. Le donne, ancorché non cessino di essere cortesi coi buoni e coi miti, cedono sempre di preferenza agli uomini audaci, prepotenti, pronti all’offesa, disprezzatori degli altri, vanagloriosi di sé; in una parola, ai peggiori degli uomini. Le più grandi passioni sentite da donne furono quasi sempre per uomini abbiettissimi. Mi è avvenuto più volte di chiedere a me stessa, vedendo qualche donna giovine, gentile, bella, elegante: «A chi apparterrà il suo cuore! chi godrà del suo af-