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LIBRO SECONDO 115

cenziò tosto sua gente: Rescupori tutto modesto disse: „Abbocchiamoci, che potremmo accordarci.„ Del tempo, luogo e modo, non fu disputa; concedendo e accettando l’un dolce, l’altro fello, ogni cosa. Rescupori per solennizzare (dicev’egli) l’accordo fece un bel convito, ove a mezza notte nell’allegrezza delle vivande e del vino, incatenò Coti, invocante, quando intese lo inganno, il sagro regno, i loro avvocati Iddii, le mense sicure. Avuta tutta la Tracia, scrisse a Tiberio: Essersi allo insidiatore levato innanzi; in tanto s’afforzava di nuovi cavalli e fanti, e diceva per far guerra a’ Bastarni e Sciti.

LXVI. Tiberio riscrisse dolcemente: Se fraude non v’era, stesse di buona voglia; ma non poter egli, nè il senato, discernere senza conoscer la causa chi s’abbia torto o ragione. Desse il prigione e venisse a scolparsi. Latinio Pando, vicereggente della Mesia, mandò questa lettera con soldati per menarne Coti. Rescupori stato alquanto tra la paura e l'ira, volle essere reo di peccato anzi fatto, che di cominciato: uccise Coti; e lui essersi da sè ucciso falsamente affermò. Cesare non lasciò su’ arte; e, molto Pando, cui Rescupori allegava per nimico, mandò a quel governo apposta Pomponio Fiacco, soldato vecchio, amico stretto del re; perciò più atto a giugnerlo.

LXVII. Fiacco si trasferì in Tracia: e bellamente con parole ampissime lui sè riconoscente e scontorcente, carrucolò nelle forze romane. Forte banda lo cinse, quasi per onorarlo; tribuni, centurioni, gli pur diceano venisse, non dubitasse; e con guardia quanto più andava oltre, più manifesta e con forza, finalmente da lui intesa, lo portarono a Roma. La moglie di Coti l’accusò in senato; fu dannato a