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della situzione di Guido. Spaventevole! Non solo era distrutto il capitale della ditta, ma Guido restava debitore di altrettanto, se avesse dovuto rispondere di tutto.

Io avrei avuto bisogno di lavorare, proprio lavorare a vantaggio del mio povero defunto amico, ma non sapevo far altro che sognare. La prima mia idea sarebbe stata di sacrificare tutta la mia vita in quell'ufficio e di lavorare a vantaggio di Ada e dei suoi figliuoli. Ma ero poi sicuro di saper far bene?

Il Nilini, come al solito, chiacchierava mentre io guardavo tanto, tanto lontano. Anche lui sentiva il bisogno di mutare radicalmente le sue relazioni con Guido. Ora comprendeva tutto! Il povero Guido, quando gli aveva fatto di torto, era stato già colto dalla malattia che doveva condurlo al suicidio. Perciò tutto era dimenticato oramai. E predicò dicendosi proprio fatto così. Non poteva serbare rancore a nessuno. Egli aveva sempre voluto bene a Guido e gliene voleva tuttavia.

Finì che i sogni del Nilini s’associarono ai miei e vi si sovrapposero. Non era nel lento commercio che si avrebbe potuto trovare il riparo ad una catastrofe simile, ma alla Borsa stessa. E il Nilini mi raccontò di persona a lui amica che all’ultimo momento aveva saputo salvarsi raddoppiando la posta.

Parlammo insieme per molte ore, ma la proposta del Nilini di proseguire nel gioco iniziato da Guido, arrivò in ultimo, poco prima del mezzodì e fu subito accettata da me. L’accettai con una gioia tale come se così fossi riuscito di far rivivere il mio amico. Finì che io comperai a nome del povero Guido una quantità di altre azioni dal nome bizzarro: Rio Tinto, South French e così via.