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Un giorno mi domandò:

— Augusta sa tutto del nostro bilancio?

Arrossii perchè nella domanda mi parve sentire un rimprovero. Ma evidentemente se Ada sapeva del bilancio poteva saperne anche Augusta. Non pensai subito così, ma mi parve invece di meritare il rimprovero che egli intendeva di movermi. Perciò mormorai:

— L’avrà saputo da Ada o forse da Alberta cui Ada l’avrà detto!

Rivedevo tutti i rigagnoli che potevano condurre ad Augusta e non mi pareva con ciò di negare che essa avesse avuto tutto dalla prima fonte, cioè da me, ma di asserire che sarebbe stato inutile per me di tacere. Peccato! Se avessi invece confessato subito ch’io con Augusta non avevo segreti, mi sarei sentito tanto più leale e onesto! Un lieve fatto così, cioè la dissimulazione di un atto che sarebbe stato meglio di confessare e proclamare innocente, basta ad imbarazzare la più sincera amicizia.

Registro qui, quantunque non abbia avuto alcun’importanza nè per Guido nè per la mia storia, il fatto che alcuni giorni appresso, quel chiacchierone di sensale col quale avevamo avuto da fare per il solfato di rame, mi fermò per istrada e, guardandomi dal basso in alto, come ve lo obbligava la sua bassa statura ch’egli sapeva esagerare abbassandosi sulle gambe, mi disse ironicamente:

— Si dice che abbiate fatti degli altri buoni affari come quello del solfato!

Poi, vedendomi allibire, mi strinse la mano e soggiunse: