Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/339

336

nostro suocero nè quella della modestia e della sicurezza battuta dall’Olivi. Tutti costoro, per lui, erano dei commercianti all’antica. Bisognava seguire tutt’altra via, ed egli volontieri si associava a me perchè mi riteneva non ancora rovinato dai vecchi.

Tutto ciò mi parve vero. Mi veniva regalato il mio primo successo commerciale ed arrossii dal piacere una seconda volta. Fu così e per la gratitudine della stima ch’egli m’aveva dimostrato, ch’io lavorai con lui e per lui, ora più ora meno intensamente, per ben due anni, senz’altro compenso che la gloria di quel posto nella stanza direttoriale. Fino ad allora fu quello certamente il più lungo periodo ch’io avessi dedicato ad una stessa occupazione. Non posso vantarmene solo perchè tale mia attività non diede alcun frutto nè a me nè a Guido ed in commercio — tutti lo sanno — non si può giudicare che dal risultato.

Io conservai la fiducia d’esser avviato ad un grande commercio per circa tre mesi, il tempo occorrente a fondare quella ditta. Seppi che a me sarebbe toccato non solo di regolare dei particolari come la corrispondenza e la contabilità, ma anche di sorvegliare gli affari. Guido conservò tuttavia un grande ascendente su di me, tanto che avrebbe potuto anche rovinarmi e solo la mia buona fortuna glielo impedì. Bastava un suo cenno perchè accorressi a lui. Ciò desta la mia stupefazione ancora adesso che ne scrivo, dopo che ho avuto il tempo di pensarci per tanta parte della mia vita.

E scrivo ancora di questi due anni perchè il mio attaccamento a lui mi sembra una chiara manifestazione della mia malattia. Che ragione c’era di attaccarsi a lui per apprendere il grande commercio e subito dopo re-