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PARTE PRIMA 85

il grado di primogenitura, e un principe la cui origine e le cui doti possano farci sdimenticare i mali che abbiamo sofferti durante il governo ora caduto.

La massima parte degli elettori avvisava che questi capitoli avevano ancora un senso troppo vago, ed avrebbeli desiderati più espliciti; ma essendo stato risposto da taluno che non convenivasi legar le mani alle PP. AA., una tale considerazione prevalse. Aggiunsesi solamente nella susseguente seduta, doversi chiedere un principe nuovo, onde rimuovere il sospetto che il paese serbasse tuttora un po’ di affezione al principe decaduto. Volsesi ai Sovrani una preghiera per ottenere la libertà di tutte le vittime sagrificate ad una causa ingiusta, che viene a dire di tutti quelli ch’erano imprigionati per avere cospirato contro il governo franco-italo. Stanziarono infine i collegi che un’ambasceria composta d’illustri cittadini avesse a recarsi al quartiere generale delle Potenze Alleate per manifestare ai sovrani i voti della rappresentanza nazionale italiana. E furono eletti a tale uopo Marcantonio Fè, di Brescia, il conte Federico Confalonieri, il conte Alberto Litta, il marchese Giangiacomo Trivulzio, Giacomo Ciani e Pietro Ballabio, milanesi, sei membri in tutto, non noverato Giacomo Beccaria, che facea l’ufficio di segretario della deputazione.

Ond’ecco tre deputazioni mandate dalla Lombardia alle PP. AA., ma con istruzioni ben diverse. La prima, composta dal vicerè coi generali Fontanelli e Bertoletti, era nunzia d’una potestà stabilita, e recava ai Sovrani alleati le proposte d’una potenza allora declinante, ma non ancora spenta. La seconda era quella del senato,