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PARTE PRIMA 53

vane ciance; s’avvedeva che la potenza franco-italica stava per crollare, che l’imperatore d’Austria rientrerebbe trionfante nell’antiche sue province; e tutte queste cose vedendo, faceva a queste belle speranze il sagrifizio della sua riputazione di assennato parlatore.

Ecco adunque i motivi che il Guicciardi allegava, il 17 aprile del 1814, per opporsi alla proposta del duca di Lodi, del presidente Veneri, ec. Sia il lettore avvertito che ho sott’occhio il processo verbale della seduta del senato.

Diceva il Guicciardi: essersi i senatori astretti per giuramento ad osservare gli statuti organici del reame; il 1.° e il 4.° di quegli statuti porre nella linea di successione al trono un figliuolo legittimo del re, prima di un figliuolo adottivo; doversi pertanto offerire prima al re di Roma la corona d’Italia, tranne che fossegli già stata conferita la corona di Francia. Parve che il conte Prina non tenesse meritevole questa obbiezione d’una seria confutazione; ond’è che, ammettendo senz’altro che i dritti del re di Roma erano più sacri di quelli del principe Eugenio, propose di stendere un novello capitolo in questi termini: I deputati del senato recheranno a cognizione dei sovrani alleati il dritto eventuale alla corona italica, conferito dal 1.° e dal 4.° dei nostri statuti organici; dritto che l’ammirazione e la riconoscenza della nazione hanno viepiù consacrato. Ma il conte Guicciardi non si dovea dar vinto sì presto. Rispose che il dritto eventuale non poteva essere invocato insino a tanto che il dritto positivo non avea cessato di esistere. Procedette poscia a parlare della sconvenevolezza che i Lombardi proponessero ai Sovrani alleati, ed