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FAVOLA I.


Salardo, figliuolo di Rainaldo Scaglia, si parte da Genova, e va a Monferrato, dove fa contra tre comandamenti del padre lasciatili per testamento, e condannato a morte vien liberato ed alla propia patria ritorna.

— Di tutte le cose che l’uomo fa over intende di fare, o buone o rie che elle si siano, doverebbe sempre il termine maturamente considerare. Laonde, dovendo noi dar cominciamento a’ nostri dolci e piacevoli ragionamenti, assai piú caro mi sarebbe stato, se altra donna che io al favoleggiare avesse dato principio; perciò che a tal impresa non molto sofficiente mi trovo, perchè di quella facondia che in tai ragionamenti si richiede al tutto priva mi veggio, per non mi essere essercitata nell’arte dell’ornato e polito dire, sí come hanno fatto queste nostre graziose compagne. Ma poichè cosí piace a voi, ed emmi dato per sorte ch’io a ragionare sia la prima, acciò che ’l mio tacere a questa nostra amorevole compagnia non cagioni disordine alcuno, con quella maniera di dire, che mi sará dal divino favore concessa, al nostro favoleggiare darò debole cominciamento, lasciando l’ampio e spazioso campo alle compagne, che dopo1 me verranno, di poter meglio e con piú leggiadro stile sicuramente raccontare le loro favole di ciò che da me ora udirete.

Beato, anzi beatissimo è tenuto quel figliuolo che con ogni debita riverenza è ubidiente al padre, perciò che egli adempisce il comandamento datoli dallo eterno Iddio, e lungamente vive sopra la terra, ed ogni cosa che egli fa ed opera li riuscisce2 in bene. Ma pe ’l contrario quello che gli è disubidiente, infelice anzi infelicissimo è riputato, perciò che a crudele e malvagio fine riusciscono le cose sue, sí come per la presente favola, che raccontarvi intendo, agevolmente potrete comprendere.