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78 O s s e r v a z i o n i

§. 70. Il soffitto dei tempj quadrati era per ordinario di legname, tanto ne’ più antichi tempi, come era il soffitto di legno di cipresso nel tempio d’Apollo a Delfo1; quanto nei tempi meno remoti. Tali erano al tempio di s. Sofia, e degli Apostoli a Costantinopoli2. Si è ingannato il traduttor francese di Pausania quando tra gli altri ha dato al tempio d’Apollo a Figalia un soffitto a volta: egli ha presa per soffitto la parola ὀροφός, che quì3, come altrove4, significa tetto. Il tetto di quello tempio era coperto di lastre di pietre. E’ vero che talvolta quella parola significa presso Pausania anche il soffitto; ma è in quei casi solamente, ne’ quali egli vuol esprimere insieme il soffitto, e il


tet-


    viva luce, converrà indagarne altra ragione, che io non crederei fosse perchè dormisse poco, secondo che mostra di volerla intendere il Tissot Della salute de’ letter. §. 75. p. 174.; ma bensì perchè egli portasse avversionc alla oscurità, e allo star solo al bujo; argomentandolo dal riferire lo stesso Suetonio poco dopo, che se egli stando in letto non poteva ripigliar sonno, si faceva leggere; e che mai non volle stare sveglio tra le tenebre senza la compagnia di qualcheduno: nec in tenebris vigilavit unquam nisi assidente aliquo. Se dormiva di giorno in quella guisa, levandosi la mano dagli occhi, non si trovava solo fra quelle tenebre, ch’egli aveva in orrore. La stessa cosa avviene ad altri eziandio a’ tempi nostri, i quali e di giorno, e di notte non possono dormire all’oscuro, e cogli sportelli chiusi. Nè è da sospettarsi, che Augusto dormisse cosi perchè volesse disprezzare i comodi, e menar vita faticata; mentre Suetonio segue a dire, che anzi cercava di dormire comodamente, facendosi coprire anche le gambe.
    Coll’argomento medesimo si può rispondere a Winkelmann per il luogo di Terenzio: che non per difetto di saper oscurare le stanze, mettendo almeno qualche riparo alle finestre o di tela, o di altra materia, si usava di sventolare così la gente; ma che ciò usavasi per altra ragione. Quella comedia, come delle altre di Terenzio si è detto qui avanti pag. 66., è tradotta, o imitata dal greco, e greco senza dubbio è l’argomento di essa. Che presso i Greci fossero adoprati gli sportelli pare chiaro dal passo addotto d’Apollonio Rodio, al quale non vedo possa fare difficoltà il chiamarti porte le finestre da questo poeta; giacché porte si chiamavano anche dai Latini, dicendole fores, e bifores, per la somiglianza, che hanno con esse o per l’uso, o perchè talune si aprissero in fuori a modo delle porte; come si vedono al basso rilievo della galleria Granducale dato dal Gori Inscr. ant. in Etr. urb. ext. par. 3. Tab. 20. Avrà dunque un’altra significazione il luogo di Terenzio. Egli dice, che l’eunuco facea vento con un ventaglio ad una donzella, che stava sul letto dopo essere uscita dal bagno: con che fa piuttosto capire, che l’eunuco volesse farle fresco, anzi che cacciarle via le mosche d’attorno. E dato ancora, che quella fosse stata l’intenzione di colui, ciò non proverebbe cosa alcuna; perchè di cacciare le mosche d’attorno a chi dormiva era pure in costume, forse per mollezza, ai tempi dell’imperator Pertinace, come si ha da Dione nella vita di Severo lib. 74. c. 4. Tom. iI. p. 1244., ai quali tempi in Roma si sapevano oscurare le camere anche di mezzo giorno, secondo le citate autorità di Ovidio, e di Vitruvio.
    Nel tempio di Gerusalemme descritto da Ezechiele, che commenta s. Girolamo Comment. in Ezech. lib. 12. cap. 4. oper. Tom. V. col. 501. E., alle finestre non vi erano vetri, o pietre specolari; ma semplici sportelli di legni preziosi intarsiati: e sportelli sembrano quelli, che veggonsi al nominato basso rilievo della Granducale.

  1. Pind. Pyth. 5. vers. 52.
  2. Codin. De Orig. Constant. p. 64. 73.
  3. Paus. lib. 8. cap. 41. pag. 684.
  4. id. lib. 5. cap. 10. pag. 398. lin. 16.