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avrei voluto poter fare anche per il resto. Mi avvertite dottamente alla pagina XCI., che Winkelmann1 dice archivolte delle nicchie, quando dovea dire volte: alla pagina XCV., che il finestrone licenzioso del palazzo dei Conservatori in Campidoglio non è di Michelangelo, ma di Giacomo del Duca suo scolare2: e per ultimo alla pagina CXV., che lo Chambray3 non parla del teatro di Vicenza fatto dal Palladio; ma di un altro teatro antico esistente in detta città4. Winkelmann ha sbagliato in quelle cose, ed io non l’ho avvertito. Di quest’ultimo errore non potevo nemmeno accorgermene, come forse non ve ne siete accorto voi da per voi; perchè non potei trovare l’opera dello Chambray, che appena ora ho potuto vedere per l’acquisto fattone dal sig. principe Chigi.

Ecco tutto il merito delle vostre osservazioni: dove si riduca la sostanza critica di quattro fogli vantaggiati . Taluno potrebbe dire: rem magnam præstas quia bonus es. Ma io ve ne ringrazio davvero; e ne profitterò se mai col tempo si potrà fare una nuova edizione dell’opera di Winkelmann. Vi prego anzi di continuare a far delle nuove osservazioni, e più importanti, o a bella posta, o mano mano, che ve se ne presenterà l’occasione. Io ho scritto per amore della verità, col pensiere di giovare, non d’imposturare, o di sostenere i miei sogni, e i miei equivoci, se mai ne presi alcuno: onde sarò pronto a far nuovi solenni sacrifizj delle proprie opinioni qualora mi si mostri. Mi consolo, che quandoque bonus dormitat Homerus. Ho procurato di migliorare l’opera di Winkelmann per quanto potevo nelle mie circostanze. Se concorreremo in più a perfezionarla, lo avrò a caro, e farà utile al pubblico. Una cosa fola vi raccomando; ed è, che maturiate più i vostri pensieri. Vi servano di regola quelli, che abbiamo esaminati finora. Lasciate da parte le ironie, le celie, le amarezze contro i semplici letterati, e i giureconsulti. Riflettete, che da giureconsulto, e passando all’improviso dai serj, e meno piacevoli studj legali, ai più ameni, e brillanti di quella parte di antiquaria, che risguarda le belle arti, in breve tempo ho saputo fare un’edizione di un’opera, e quasi direi una nuova opera, che voi con tutto il comodo non avete saputo attaccare, che col mostrare di non averla saputa nè capire, nè leggere; e col farvi fare un processo alle vostre cognizioni nella difesa, che ho dovuto qui farne. In somma (sit venia verbo) tenetevi a mente ciò, che scrisse Plutarco nella vita di Teseo: Fea era una fiera veramente da esser molto temuta, siccome quella, che combatteva, ed era difficile ad esser vinta. Io poi cercherò in contracambio di tener lontana da me la tentazione, che m’era passata pel capo dopo aver lette le riferite vostre osservazioni, di applicarvi l’elogio fatto da Cicerone a que’ due Consoli5: Boni sì, ma boni solamente. Desidero di continuare ad aver per voi, per li vostri talenti superiori, e non superficiali cognizioni, quella sincera alta stima, che ne ho avuta per l’avanti; e di rinnovarmi di cuore vostro servitore obbligatissimo .



Dalla Biblioteca Chigi li 21. giugno 1786.


  1. Pag. 101.
  2. Pag. 91.
  3. Prem. part. chap 2.
  4. Pag. 110.
  5. Epist. 3. ad Bint.