Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
18 |
sta con qualche esitanza, e indirettamente, con un pure, che lascia salva la mia opinione, al tempo stesso, che voi ne volete dare ad intendere un’altra. Là dove Winkelnann1 congettura saggiamente per ispiegare un passo di Euripide non inteso per l’avanti, che le metope del tempio dorico, di cui parla quel poeta, dovessero essere aperte, affinchè per mezzo di esse fra i triglifi potessero penetrarvi dentro Oreste, e Pilade, io riflettevo, che il tempio doveva avere la forma detta in antis, vale a dire, per chi non intende i termini latini d’architettura, che non aveva portici attorno, ma soltanto dalla parte avanti aveva un portico, o vestibolo formato da pilastri nella facciata, all’estremità delle mura della cella, e da due colonne nel mezzo fra i pilastri. 1. perchè quella forma di tempio si diceva dai Greci ea parastasi secondo Vitruvio2; ed Euripide fa dire da Ifigenia al re Toante, che non entri nel tempio, ma si fermi nel vestibolo, o portico, ea parastasi: conformità di espressione, che mi è sembrata caratterizzare la forma di quel tempio, il quale secondo Vitruvio era caratterizzato dalla parastasi, o portico avanti, ove si fermava la gente prima di entrarvi. 2. perchè non avendo colonnato attorno, era facile a capire come dalle metope aperte nel fregio della stessa cella si potesse penetrare dentro immediatamente. 3. diremo, perchè così quel tempio era più semplice, più conforme alla semplicità de’ più antichi tempi, all’in antis, che da Vitruvio è messo il primo di tutti; ed anche più simile alla forma dei tempj etruschi semplici più degli altri greci.
A queste mie riflessioni voi rispondete brevemente nella pagina LXXL: I triglifi she si mirano attorno alla cella del tempio della Concordia, si oppongono all’opinione del sig. ab. Fea, che vorrebbe quel tempio in antis, potendo pur essere perittero. Con egual brevità vi rispondo io, che i triglifi non sono attorno alla cella del tempio della Concordia; ma soltanto nel pronao, o vestibolo, come sono a quello del tempio maggiore di Pesto. Dunque la vostra opinione è senza fondamento. Vi pare che io dica bene? Se anche fossero i triglifi tutto attorno alla cella, non sarebbe meno inconcludente il vostro argomento. Vi direi allora, che potevate sovvenirvi del discorso, che faceste l’anno passato nel mese di decembre dello stesso vostro giornale, alla pagina CCVI., contro l’opera del P. Paoli, dicendo ottimamente, che dalla perizia degli Etruschi nel terzo secolo di Roma non si potevano dedurre fatti da loco gli edifizi Pestani nell’oscura, e favolosa età degli Eroi, e avanti alla Greca Architettura . L’istesso inganno prodotto dalle gran distanze, rappresentando allo stesso livello oggetti lontanissimi, cagionerebbe l’opera delle Antichità di Pesto, se non si collocassero ai fatti le loro giuste epoche. Allora, si trovano immensi tratti di tempo da un fatto all’altro, nella stessa guisa, che il viaggiatore scorge immense valli fra quei monti, che da lontano sembrano uniti. Più opportuna, e più adattata non può essere la riflessione al cano nostro. Dalla forma del tempio della Concordia fatto dopo i tempi di Pericle, nel fiore delle arti in Grecia, come io provai3, e voi ne convenite, lì potrà mai argomentare, saltando un immenso tratto di tempo, alla forma del tempio in questione, che è della favolosa età de-