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la sola erudizione; ma egli dovrà essere ben costerno di saperne almeno quanto faceva di tutte quelle altre scienze, oltre l’architettura, il gran maestro Vitruvio, benchè avette maggior obbligo di doverle tapere, il quale nel capitolo 1. dei suoi libri modestamente confessò non esserne a perfezione istruito per l’ampiezza delle materie; come voi rilevate alla pag. CXLV. per onore di lui, e della verità.

Dall’antico passando al moderno, Winkelmann conchiude le sue osservazioni con una riflessione sopra il gusto di Michelangelo Buonarruoti, e del Borromino nell’architettura, scrivendo: Michelangelo, il di cui genio fecondo non potea contenersi nei limiti dell’economia degli antichi, e dell’imitazione dei loro capi d’opera, cominciò a metter fuori delle novità, e a dar negli eccessi in materia di ornati. Borromino, che lo superò in questo cattivo gusto, l’introdusse nell’architettura, e da lui si comunicò ben presto all’Italia tutta, e agli altri paesi, ove si manterrà. Oh qui sì, Winkelmann mio, voi ed io dobbiamo fuggir lontano! voi per aver pronunciato un giudizio tanto leverò contro Michelangelo; ed io per non averlo difeso confutandovi! Come potremo guardarci da una tempesta di profonda dottrina architettonica; da un complesso di riflessioni non più intese, vibrateci a larga mano dal sig. Cavaliere con tutta l’energia, che può ispirare l’amor della nazione, l’onore del Pittor della Cappella Sistina, dello Scultore dei Depositi Medicei, dell’Architetto del Vaticano, cui devono, dopo che risorsero le Arti sorelle, molte più bellezze, che difetti; e l’abominazione a quell’infastto vaticinio, che avete fatto imprudentemente, del doversi mantenere il cattivo gusto nell’architettura, non ostante, che ne abbiamo freschissimi esempj moltiplicati! Voi non vi siete ricordato di avere scritto poco prima, che alle Terme di Diocleziano vi erano già esempj di qualche abuso imitato al risorgimento delle Arti dal S. Gallo, e da Michelangelo. Voi non avete badato, tuttochè lo abbiate fatto tanto spesso, a dare un occhiata al libro delle antichità del Serlio, alle rovine di Palmira, e di Balbec, al palazzo de’ Cesari di Mons. Bianchini, alle antichità del Montano, e a tante altre rovine per convincervi, che i semi del cattivo gusto sono molto anteriori al Buonarruoti, e che prima assai di lui gli antichi erano usciti dai limiti dell’economia, ed avevano messo fuori delle novità, e dato in eccessi in materia di ornati. Con queste riflessioni voi vi sareste accorto, che non potevate fare un salto mortale dal secolo terzo dell’era cristiana al risorgimento delle arti nel decimosesto, benchè lo abbiano fatto le stesse belle arti oppresse, e quasi dimenticate per tutto quel frattempo: che era un sofisma, un paralogismo, un paradosso l’asserire, che il gran Michelangelo sia stato il primo in quella feconda epoca a dare in eccessi in materia di ornati; quando i semi del cattivo gusto sono anteriori a lui di tredici, e di quindici secoli per arrivare a Diocleziano, e a Domiziano. Ci vuol pazienza: amendue abbiamo ignorato, che per ornati in architettura altro non s’intende che intagli; che perciò il moltiplicare fregi, fasce, cornici, cornicioni, pilastri, pilastrucci, ed altri membri, ove non hanno nè uso, nè ragione, non è ornare: che per esempio fra le altre opere di Michelangelo, la Porta Pia, che è una delle sue più fantastiche invenzioni,