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RISPOSTA.
Magnam artis partem esse arbitror de his, quæ recte scripta
sunt, posse confiderationem facere, & judicare.
Hippocr. de Dich. indicat. n. 1.
SE v’ha regola, che debba stimarsi eccellente, e necessaria da mettersi in pratica avanti di far la critica di un libro, io crederei, gentilissimo sig. Cavaliere, che fosse quella proposta dal gran Pontefice Benedetto XIV. per norma dell’Indice dei libri proibiti: cioè, che prima di sottoporre all’esame un libro per condannarlo, si debbano sentire gli autori stessi, se sono viventi. Quante inutili dispute non si risparmierebbero nella repubblica letteraria, se vi si usasse lo stesso metodo; quanto meno s’imbragherebbe la testa di chi legge, e di chi vuol prendervi parte; e quanto meglio potrebbe impiegarsi il tempo a vantaggio di chi cerca di essere istruito? Voi, sig. Cavaliere gentilissimo, non avreste certamente empiti quattro fogli di stampa; ed io non mi troverei nella necessità di corrispondervi con altrettanti, ed anche più, se per vostra cortesia almeno, e per quell’amore, che portate alla verità, aveste voluto essere compiacente a segno d’invitarmi prima di metter penna in carta, a sciogliervi le difficoltà, che avevate in animo di obbiettarmi. Tanto più avreste dovuto essermi cortese in questa parte, dopo che avevate veduto, ed ammirato, se non supposto, che io di buon grado avevo dato l’esempio ben raro di un solenne sacrifizio delle proprie opinioni alla verità, e nella stessa opera. Ma poichè, qualunque ne sta stato il motivo, avete stimato meglio di passare all’improvviso a dare il vostro giudizio al pubblico qual Minosse inesorabile della letteratura; non dovrete aver dispiacere, che io, senza consultare i Dotti, e gli Architetti, valendomi dello steso mezzo, e con miglior diritto, vi metta in vista quelle risposte, che vi avrei dette a voce, sebbene in altri termini; così richiedendo l’onor mio, e quello molto più dell’Autore celeberrimo, che ho preso ad illustrare; e il bene di chi vuole approfittarsi de’ nostri scritti. Il pubblico stesso, a cui parlaste il primo, sarà il giudice nostro; ed io spero, che voi farete per mantenere la parola, che avete data alla pagina CXLI., di confessare di buona voglia, che vi siete ingannato più d’una volta.
Io lascierò a voi, sig. Cavaliere, i sali attici, e i fiorentini; lo scrivere or serio, or giocoso; e detesterò sempre il rispondere colle ingiurie, e coi termini fuori della questione; ma non potrò in modo alcuno dispensarmi dal dirvi, che avrei desiderato nelle vostre critiche maggiore imparzialità, un poco più di riflessione, meno contradizioni, logica più che