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s u l l’ A r c h i t e t t u r a. | 169 |
vecchi architetti, che simili colonne troppo rastremate sembravano disgustose per la secca linea piramidale, vollero in seguito, senza pregiudizio della loro solidità, ingrossarle al mezzo, e lo fecero con quella ragionata e vaga proporzione, che io ho diffusamente spiegata nella mia opera1, e da’ Greci fu detta entasi.
§. 36. E qui mi si permetta di esporre una mia idea, e supposizione, di qualunque merito possa riputarsi, e che lascerò all’esame de’ più intendenti; esser nate cioè dalla guglia, e dall’impegno di assottigliarla ed abbellirla, quelle scanalature, che si hanno per antichissime, e che tutte proprie degli Etruschi osservansi nelle loro colonne. Supponiamo un obelisco di quattro facciate: se ne spianino gli angoli, diverrà una figura ottangolare regolata; si continui a consumare gli otto angoli, se ne averà una figura con rotondità formata di sedici pianuzzi; e continuando a consumare questi piccoli angoletti averemo un tondo comporlo di trenta due piccoli piani, a’ quali fatto per eleganza un incavo, si averà la colonna rotonda, e scanalata. Che se poi questi piani voleansi in minor numero, potea prendersi la proporzione non dal quadrato, ma da un sasso, o pilastro triangolare, come usavano di farli gli antichi; e Pausania ce ne descrive uno nel tempio di Giove Ammone nella Libia2: non dubitandosi neppure che siano stati fatti anche degli obelischi di tre facciate3. Si formi pertanto il triangolo, al quale si spianino i tre angoli, averemo una figura regolare esagona; si continui a consumare gli angoli, l’averemo di dodici piani, e levando i dodici angoletti diverrà un tondo formato da ventiquattro pianuzzi, e fatto in essi un incavo, averemo ventiquattro scanalature. Or così appunto son le colon-
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